IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nella causa iscritta al n. 94376 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell'anno 1994 e n. 4834 del Ruolo Sezione Stralcio dell'anno 1999, tra Giochi Preziosi S.p.a. (c.f: 07482420150), con sede in Cogliate (Milano) - Via delle Primule n. 5, in persona del legale rappresentante, sig. Enrico Preziosi, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dall'avvocato Aldo Bozzi del Foro di Milano e dall'avvocato Alberto Romano del Foro di Roma, ed elettivamente domiciliata presso quest'ultimo con studio in Roma - Via Crescenzio n. 82, attrice; Contro l'Amministrazione delle finanze dello Stato, in persona del ministro in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici e' ex lege domiciliata, in Roma - Via dei Portoghesi n. 12, convenuta; Oggetto della causa: rimborso tasse concessione governativa. Narrativa dei fatti processuali Con atto di citazione datato 1 dicembre 1994 e notificato il 23 dicembre stesso anno, la societa' Giochi Preziosi S.p.a. ha convenuto in giudizio l'Amministrazione delle Finanze dello Stato per ottenere il rimborso della somma di L. 78.000.000, riscossa dall'ente convenuto a titolo di tassa annuale sulle concessioni governative per l'iscrizione nel registro delle imprese, ancorche' da essa non dovuta. Si costituiva ritualmente il Ministero delle finanze con comparsa del 21 gennaio 1995, depositata il 9 febbraio 1995 chiedendo il rigetto della domanda attrice. Precisate le conclusioni per il collegio, il processo veniva assegnato alla sezione stralcio del tribunale e, ai sensi dell'art. 13 della legge 22 luglio 1997 n. 276, la cancelleria della sez. IV civile, con avviso del 10 marzo 2000, dava rituale comunicazione ai difensori costituiti, del provvedimento presidenziale del 9 febbraio 2000 di assegnazione alla sezione e della nomina del giudice istruttore nonche' della fissazione da parte del presidente della intestata sezione stralcio; dell'udienza dell'11 maggio 2000 per la comparizione delle parti e per il tentativo di conciliazione. All'udienza cosi' fissata e successivamente a quella del 16 giugno 2000, comparivano i difensori delle parti i quali, preso atto che era inutile esperire il tentativo di conciliazione, insistevano nelle conclusioni gia' rassegnate per il collegio e chiedevano la concessione dei termini di rito per lo scambio delle conclusionali e delle eventuali repliche. Conclusioni delle parti Per l'attrice: nel merito: con riserva di chiedere in altra sede, con separata azione, il rimborso delle somme indebitamente versate negli anni 1985, 1986, 1987 e 1988 (all'esito del giudizio pendente avanti alla Corte di Giustizia, causa C-216/99, Riccardo Goria Prisco S.r.l. / Amministrazione delle Finanze dello Stato); in principalita' condannare l'Amministrazione delle Finanze dello Stato al rimborso integrale delle somme indebitamente versate negli anni 1989, 1990, 1991 e 1992, in forza del combinato disposto dei commi 18 e 19 dell'art. 3 del d.l. n. 853/1984 e successive modificazioni oltre agli interessi maturati e maturandi ai sensi della legge 26 gennaio 1961 n. 29 e successive modificazioni; in subordine all'occorrenza, ritenuta la pregiudizialita' delle questioni di costituzionalita' e di incompatibilita' con il diritto comunitario dell'art. 11 della legge n. 448/1998: a) sottoporre alla Corte di Giustizia, ad integrazione e chiarimento della sentenza della Corte di Giustizia 15 settembre 1998, in causa C-231/96, Edis, l'interpretazione pregiudiziale ex art. 177 del Trattato C.E. sul seguente quesito: "Se gli articoli 5 e 189 del Trattato e le disposizioni degli articoli 10 e 12, n. 1, lettera e), della direttiva 69/335/CEE debbano essere interpretate nel senso che ostano alla introduzione e/o al mantenimento di una normativa nazionale - del tipo di quella introdotta dal legislatore italiano con i commi primo e secondo dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448 - che istituisce, con effetto retroattivo per gli anni dal 1985 al 1992, una nuova tassa annuale dovuta "per l'iscrizione degli altri atti sociali" (diversi dall'atto costitutivo), che pertanto risulta dovuta retroattivamente ed annualmente per il solo fatto dell'iscrizione nel registro delle imprese ed indipendentemente dalla effettiva iscrizione di atti sociali diversi dall'atto costitutivo"; b) sottoporre alla Corte di Giustizia; ai sensi dell'art. 177 del Trattato, il seguente quesito: "Se il principio di proporzionalita' comunitario osti a che lo Stato membro opponga una norma nazionale, come quella dei commi primo e secondo dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, che si rivela inidonea, non necessaria e non strettamente proporzionata al raggiungimento dell'obiettivo comunitario di creazione di un mercato interno, realizzabile in base alla direttiva 69/335/CEE, cosi' come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia 20 aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91, tramite l'abolizione delle discipline nazionali incompatibili con la libera circolazione dei capitali in materia di tasse di CC.GG."; c) sottoporre, per l'interpretazione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell'art. 177 del Trattato il seguente quesito: "Se l'art. 5 del Trattato ed i principi della certezza del diritto e della tutela dei singoli, del legittimo affidamento e di non discriminazione dei diritti nascenti dal diritto comunitario rispetto agli analoghi diritti di diritto interno, nonche' il principio di proporzionalita' comunitario ostano a che lo Stato membro opponga una norma nazionale, come quella del terzo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, che applica retroattivamente il nuovo tasso legale del 2,5% (recentemente introdotto con decorrenza in via generale dal 1 gennaio 1999) agli interessi gia' maturati sulle somme dovute a rimborso per il tributo dichiarato incompatibile con il diritto comunitario con la sentenza della Corte di Giustizia 20 aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91, trattandosi di norma restrittiva speciale dettata e prevista specificamente con riguardo al diritto al rimborso delle somme del tributo di cui trattasi e non applicabile al rimborso di altri tributi indebitamente dovuti"; d) previa rimessione della questione di illegittimita' costituzionale del primo e del secondo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, per contrasto con gli articoli 3 (ragionevolezza) e 53, primo comma, della costituzione; condannare l'Amministrazione delle Finanze dello Stato al rimborso della somma di L. 48.000.000 indebitamente versata dalla societa' attrice a titolo di tassa annuale sulle CC.GG. per l'iscrizione nel registro delle imprese per gli anni 1989, 1990, 1991 e 1992, o di quella maggiore o minore somma che risultera' dovuta in corso di causa; in ulteriore subordine preme, in ogni caso, osservare che ogni anno le societa' hanno dovuto far vidimare presso la cancelleria che tiene il registro delle societa' il libro verbale assemblee, il libro verbale collegio sindacale, il libro soci, il libro delle assemblee degli obbligazionisti, il libro inventari ed il libro giornale, corrispondendo per ciascuna delle suddette vidimazioni annuali la somma di L. 48.000, quindi complessivamente L. 384.000 per ciascun anno per tasse di CC.GG., oltre ai diritti di cancelleria per ciascuna vidimazione e deposito; in opni caso, oltre agli interessi maturati e maturandi sulle somme indebitamente versate nella misura fissata per legge, a norma della legge 26 gennaio 1961 n. 29; condannare, altresi', la convenuta al pagamento delle spese, competenze ed onorari di causa. Per il convenuto voglia il tribunale adito, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa dichiarare l'azione improcedibile, inammissibile, prescritta, decaduta, erronea, infondata, non rovata e nulla e non avvenuto il pagamento e dichiarare comunque dovuto l'importo gia' pagato quale tassa di concessione governativa da parte della societa'. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giustizia. In fatto e in diritto Si premette che l'art. 11 della legge 23 dicembre 1998, cosi' statuisce: 1. l'art. 61, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 (41), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, va interpretato nel senso che la tassa sulle concessioni governative per le iscrizioni nel registro delle imprese, di cui all'art. 4 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641 (42), nel testo modificato dallo stesso art. 61, e' dovuta per gli anni 1985, 1986, 1987, 1988, 1989, 1990, 1991 e 1992, nella misura di lire cinquecentomila per l'iscrizione dell'atto costitutivo e nelle seguenti misure forfettarie annuali per l'iscrizione degli altri atti sociali, per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992: a) per le societa' per azioni e in accomandita per azioni, lire settecentocinquantamila; b) per le societa' a responsabilita' limitata; lire quattrocentomila; c) per le societa' di altro tipo, lire novantamila (43). 2. le societa' che negli anni indicati al comma 1 hanno corrisposto la tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione nel registro delle imprese e quella annuale, ai sensi dell'art. 3, commi 18 e 19, del d.l. 19 dicembre 1984, n. 853 (44), convertito, con modificazioni dalla legge 17 febbraio 1985, n. 17, possono ottenere il rimborso della differenza fra le somme versate e quelle dovute a norma del citato comma 1, sempre che abbiano presentato istanza di rimborso nei termini previsti dall'art. 13 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 (42). 3. sull'importo da rimborsare sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, a decorrere dalla data di presentazione dell'istanza. 4. nel corso del 1999 il Ministero delle finanze esamina le istanze di rimborso a suo tempo presentate e controlla la validita' e la tempestivita' delle stesse; a partire dal secondo semestre dello stesso anno sono avviate le procedure di rimborso, che sono eseguite secondo l'ordine cronologico di presentazione delle istanze e a partire da quelle di minore importo. 5. per le finalita' di cui al presente articolo, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e' autorizzato ad effettuare, con l'osservanza delle disposizioni di cui all'art. 38 della legge 30 marzo 1981, n. 119 (45), e successive modificazioni, emissioni di titoli del debito pubblico per ciascuna delle annualita' comprese tra il 1999 ed il 2001; tali emissioni non concorrono al raggiungimento del limite dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici annualmente stabilito dalla legge di approvazione del bilancio. Il ricavo netto delle suddette emissioni, limitato a lire 2.500 miliardi per la prima annualita', sara' versato al Ministero delle finanze che provvedera' a soddisfare gli aventi diritto con le modalita' di cui al comma 6. Per le annualita' successive, l'importo di emissione dei titoli pubblici per il completamento delle attivita' di rimborso sara' determinato con legge finanziaria, in relazione all'esatta quantificazione dell'ammontare complessivo dei crediti da rimborsare. 6. sulla scorta degli elenchi di rimborso predisposti dal Ministero delle finanze sono emessi, con imputazione al competente capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero delle finanze, uno o piu' ordinativi diretti collettivi di pagamento estinguibili mediante commutazione di ufficio in vaglia cambiari non trasferibili della Banca d'Italia; tali vaglia sono spediti per raccomandata dalla competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato all'indirizzo del domicilio fiscale vigente degli aventi diritto ove gli stessi non abbiano provveduto all'indicazione di uno specifico domicilio eletto (45/a). Considerate le eccezioni proposte dall'attrice, ritiene l'adito tribunale di poterle condividere sotto il duplice profilo: A) della illegittimita' della normativa nazionale rispetto ai criteri guida comunitari; B) del contrasto con i principi informatori del diritto costituzionale italiano. A.1. - Incompatibilita' comunitaria del primo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998, n. 448. Ritiene l'attore che la disposizione di cui al primo comma dell'art. 11 della legge n. 448 del 1998, modificherebbe retroattivamente e limitatamente agli anni dal 1985 al 1992, la disciplina sulle tasse di CC.GG. di cui all'art. 61 del d.l. n. 331/1993, introducendo una ulteriore tassa annuale forfettizzata per l'iscrizione di non meglio precisati "altri atti sociali". Tale modifica, incidendo su situazioni gia' esauritesi negli anni dal 1985 al 1992 - anni relativamente ai quali le societa' hanno gia' pagato, di volta in volta, le tasse di CC.GG. previste singolarmente per ogni formalita' eseguita anche per "gli altri atti societari" secondo le tariffe all'epoca vigenti - si rileverebbe palesemente arbitraria ed irrazionale, nonche' incompatibile con la direttiva 69/335/CEE. Per quanto riguarda, poi, la violazione degli articoli 10 e 12 della direttiva CEE 17 luglio 1969 n. 335, il primo comma dell'art. 11 prevede un tributo annuale determinato forfettariamente, dovuto per il solo fatto dell'iscrizione nel registro delle imprese, a prescindere quindi dall'effettiva iscrizione di atti sociali diversi dall'atto costitutivo. In altri termini detto articolo rappresenterebbe una riedizione, riveduta e corretta, della tassa annuale gia' dichiarata incompatibile dalla Corte di giustizia. Richiede, pertanto, l'attore di sottoporsi alla Corte di giustizia della Comunita' europea, in sede di rinvio ex art. 177 del Trattato, il seguente quesito: "Se gli articoli 5 e 189 del Trattato e le disposizioni degli articoli 10 e 12, n. 1, lettera e) della direttiva 69/335/CEE, debbano essere interpretati nel senso che ostano alla introduzione e/o al mantenimento di una normativa nazionale - del tipo di quella introdotta dal legislatore italiano con il primo comma dell'art. 11 della legge 31 dicembre 1998 n. 448 - che istituisce, con effetto retroattivo per gli anni dal 1985 al 1992, una nuova tassa annuale dovuta "per l'iscrizione degli altri atti sociali" (diversi dall'atto costitutivo), che pertanto risulta dovuta annualmente per il solo fatto dell'iscrizione nel registro delle imprese ed indipendentemente dalla effettiva iscrizione di atti sociali" (diversi dall'atto costitutivo)". A.2. - Incompatibilita' dell'art. 11, primo e secondo comma, della legge n. 448/1998, per violazione del principio comunitario di proporzionalita'. In proposito, a parere dell'attrice, la costante giurisprudenza della Corte di giustizia, e' nel senso che "affinche' sia rispettato il principio di proporzionalita' comunitario, e' necessario innanzitutto che le disposizioni nazionali mirino a perseguire un obiettivo legittimo rispetto al diritto comunitario. Occorre poi accertare se le disposizioni nazionali siano idonee a realizzare l'obiettivo perseguito, non oltrepassino i limiti di quanto a tal fine necessario e se sussista un adeguato rapporto di proporzionalita' tra il mezzo utilizzato ed il fine perseguito" - (Sentenza Ives Rocher del 18 maggio 1993, in causa C-126/91; in senso conforme, moltissime altre, da ultimo: sentenza 11 maggio 1999, in causa C-255/97, Pfeiffer). In base alle suesposte considerazioni, apparirebbe dubbio che i tre canoni (idoneita', necessarieta' e proporzionalita' in senso stretto), il rispetto dei quali costituisce condizione necessaria affinche' le misure adottate dagli stati membri risultino compatibili con il principio di proporzionalita', siano soddisfatti dai commi primo e secondo dell'art. 11 in questione. Per il che', l'attrice chiede che questo giudice debba sottopone alla Corte di giustizia della Comunita' europea, in sede di rinvio ex art. 177 del Trattato, il seguente quesito: "Se il principio di proporzionalita' comunitario osti a che lo Stato membro opponga una norma nazionale, come quella del primo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, che si rivela inidonea, non necessaria e non strettamente proporzionata al raggiungimento dell'obiettivo comunitario di creazione di un mercato interno, realizzabile in base alla direttiva n. 69/335, cosi' come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia 20 aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91, tramite l'abolizione delle discipline nazionali incompatibili con la libera circolazione dei capitali in materia di tasse di CC.GG.". A.3. - Questione di incompatibilita' con il diritto comunitario del terzo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448. Il terzo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448 risulterebbe in contrasto con il diritto comunitario, cosi' come interpretato dalla sentenza 15 settembre 1998 (causa C-231/96, Edis) ai punti 22, 23, 24, 25, 36 e 37. Infatti, la Corte ha chiarito che "... uno Stato membro non puo' adottare disposizioni che subordino il rimborso di un tributo, dichiarato incompatibile con il diritto comunitario ..... a condizioni concernenti specificamente il detto tributo e che siano meno favorevoli di quelle che sarebbero state applicate, in mancanza di esse, al rimborso del tributo di cui trattasi". Secondo l'attrice, non puo' essere revocato in dubbio che la disposizione del terzo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448 - che applica retroattivamente il nuovo tasso legale del 2,5% (recentemente introdotto con decorrenza in via generale dal 1 gennaio 1999) agli interessi gia' maturati sulle somme dovute a rimborso per il tributo dichiarato incompatibile con il diritto comunitario con la sentenza della Corte di giustizia 20 aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91 - confliggerebbe con il principio fondamentale di non discriminazione imposto dal diritto comunitario, trattandosi di norma restrittiva speciale dettata e prevista specificamente con riguardo al diritto al rimborso delle somme del tributo di cui trattasi e non applicabile al rimborso di altri tributi indebitamente dovuti. Per questi motivi, l'attrice ritiene che questo giudice dovrebbe sottoporre alla Corte di giustizia della Comunita' europea, in sede di rinvio ex articolo 177 del Trattato, il seguente quesito: "Se i principi della certezza del diritto e della tutela dei singoli, del legittimo affidamento e di non discriminazione dei diritti nascenti dal diritto comunitario rispetto agli analoghi diritti di diritto interno, nonche' il principio di proporzionalita' comunitario ostano a che lo stato membro opponga una norma nazionale, come quella del terzo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448 - che applica retroattivamente il nuovo tasso legale del 2,5% (recentemente introdotto con decorrenza in via generale dal 1 gennaio 1999) agli interessi gia' maturati sulle somme dovute a rimborso per il tributo dichiarato incompatibile con il diritto comunitario con la sentenza della Corte di giustizia 20 aprile 1993, cause riunite C-71/91 e C-178/91 - trattandosi di norma restrittiva speciale dettata e prevista specificamente con riguardo al diritto al rimborso delle somme del tributo di cui trattasi e non applicabile al rimborso di altri tributi indebitamente dovuti. Alla luce della presente disamina, ritiene questo giudice che, pur apparendo sufficientemente motivate e meritovoli di positiva delibazione, le richieste di rimessione alla Corte di giustizia sollevate dall'attrice, esse debbano al momento essere accantonate rivestendo carattere pregiudiziale rispetto alle medesime, le decisioni che saranno assunte dalla Corte costituzionale che, investita in questo stesso giudizio di eccezioni che attengono alla legittimita' della medesima normativa, dovrebbe dare a quella domestica un assetto definitivo sul quale soltanto potrebbero incidere i principi comunitari a questo momento intempestivamente invocati. B.1. - Questione di illegittimita' costituzionale per contrasto dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448 con l'art. 3 della Costituzione. L'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448 viene censurato di incostituzionalita' perche' il legislatore, attraverso il surrettizio strumento di una legge di interpretazione autentica, ha in realta' introdotto una significativa disciplina innovativa modificatrice della normativa vigente. A tale proposito, e' opportuno rammentare che, in ordine all'arbitrarieta' dell'utilizzo della norma interpretativa, la Corte costituzionale con la nota sentenza 23 novembre 1994 n. 397 (vedasi anche le precedenti sentenze della Consulta ivi richiamate) ha avuto modo di statuire che "Il ricorso da parte del legislatore a leggi di interpretazione autentica non puo' essere utilizzato per mascherare norme effettivamente innovative dotate di efficacia retroattiva, in quanto cosi' facendo la legge interpretativa tradirebbe la sua propria funzione di chiarire il senso di norme preesistenti "(Corte costituzionale, 23 novembre 1994 n. 397, in Fisco, 1995, 1194; Quaderni Regionali, 1994, 1429; Rass. Avv. Stato, 1994, I, 399; Dir. e Prat. Trib., 1995, II, 697). In senso conforme la Corte si era gia' pronunciata con la sentenza 19 marzo 1990 n. 155: "..... in conformita' ad una costante giurisprudenza (cfr. da ultimo sent 233 del 1988), va riconosciuto carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una fra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo e' espresso dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e l'altra successiva che ne esplica il significato), le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente". Conseguentemente, non ricorrendo le suddette condizioni, utilizzando il legislatore la legge c.d. interpretativa per introdurre una disciplina avente natura innovativa, la Corte ha ritenuto che fossero stati oltrepassati i limiti della ragionevolezza. La Corte e' tornata a ribadire detti concetti con la sentenza 20 marzo 1995 n. 94, dove essa riafferma che: "..... non puo' validamente opporsi ..... che non sia possibile distinguere tra "legge interpretativa" e "legge innovativa", poiche', se non vi e' dubbio alcuno che anche il primo tipo di legge sia diretto ad introdurre un novum nell'ordinamento giuridico, quantomeno consistente nella prescrizione di dover seguire una certa interpretazione e non altra, non si puo' del pari dubitare, come si e' gia' sottolineato, che carattere tipico ed esclusivo delle leggi interpretative e' che il significato normativo enucleato e imposto con le stesse leggi debba essere ricompreso fra le possibilita' di senso ragionevolmente ascrivibili al testo della disposizione interpretata (v., ad esempio, sentt. nn. 88 del 1995; 424 e 39 del 1993; 455, 454 e 440 del 1992; 380 e 155 del 1990).". B.2. - L'incostituzionalita' dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448 si manifesta, altresi', sotto l'ulteriore profilo che esso risulta intenzionalmente diretto ad incidere sui giudizi in corso. Ed a tale proposito preme rammentare che la Consulta ha tenuto a precisare che la legge interpretativa e' ammissibile in via di principio (solo quando sia realmente "interpretativa") ed "a meno che essa non sia intenzionalmente diretta ad incidere sui giudizi in corso" - (Corte costituzionale, 19 marzo 1990 n. 155). Proprio sulla base delle suesposte considerazioni, il tribunale di Milano, con ordinanza pubblicata in data 11 maggio 1999 e la Corte di appello di Roma con ordinanza pubblicata in data 28 maggio 1999, hanno rimesso alla Corte costituzionale le questioni di incostituzionalita' del primo comma dell'art. 11 della legge n. 448/1998. B.2. - Ulteriore questione di illegittimita' costituzionale sotto il profilo del contrasto dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448 con gli articoli 3 e 53 della Costituzione. L'incostituzionalita' dell'art. 11 si manifesta, inoltre, per violazione palese del combinato disposto degli articoli 3 e 53, primo comma, della Costituzione. Infatti, attraverso l'efficacia retroattiva impressa alle disposizioni del primo comma dell'art. 11, il legislatore ha alterato il rapporto che necessariamente deve esistere tra imposizione e capacita' contributiva, assumendo a presupposto dell'obbligazione tributaria un fatto passato, lontano nel tempo, non piu' esistente al momento della entrata in vigore dello ius superveniens con efficacia retroattiva. Risulta, quindi, spezzato il rapporto che deve sussistere tra presupposto di fatto ed imposizione, nonche' tra imposizione e capacita' contributiva, il solo che puo', secondo l'ormai consolidato orientamento della Consulta, giustificare l'incidenza di una legge su di una capacita' contributiva esistente in un momento anteriore alla propria emanazione. La necessaria sussistenza di detto legame e' stata recisamente affermata dalla Corte costituzionale riguardo ad ipotesi di alterazione, modificazione e trasformazione, con effetto retroattivo, di elementi essenziali di obbligazioni tributarie, nonche' di criteri di valutazione ad essi connessi, quali risultano da normative precedenti. Si legge, infatti, in Corte costituzionale, 16 giugno 1964 n. 45: "..... Se per capacita' contributiva si intende l'idoneita' del contribuente a corrispondere la prestazione coattivamente imposta e se tale idoneita' deve porsi in relazione, non gia' con la concreta capacita' di ciascun contribuente, ma col presupposto al quale la prestazione stessa e' collegata e con gli elementi essenziali dell'obbligazione tributaria, si deve anche ritenere che, quando la legge assuma a presupposto un fatto passato, non piu' esistente al momento in cui essa entra in vigore, ovvero innovi, estendendo i suoi effetti al passato, gli elementi dai quali la prestazione trae i suoi caratteri essenziali, il rapporto che deve sussistere tra imposizione e capacita' contributiva puo' risultare spezzato ed il precetto costituzionale (in ragione della capacita' contributiva) violato". Pertanto si solleva questione di illegittimita' costituzionale del primo e del secondo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, per contrasto con gli articoli 3 (ragionevolezza) e 53 della Costituzione