IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza di rimessione alla Corte
costituzionale  nella  causa  iscritta al n. 94376 del Ruolo Generale
Affari  Contenziosi  dell'anno  1994  e  n. 4834  del  Ruolo  Sezione
Stralcio   dell'anno   1999,   tra   Giochi   Preziosi  S.p.a.  (c.f:
07482420150), con sede in Cogliate (Milano) - Via delle Primule n. 5,
in   persona   del   legale   rappresentante,  sig. Enrico  Preziosi,
rappresentata  e  difesa,  anche  disgiuntamente,  dall'avvocato Aldo
Bozzi  del  Foro di Milano e dall'avvocato Alberto Romano del Foro di
Roma,  ed elettivamente domiciliata presso quest'ultimo con studio in
Roma - Via Crescenzio n. 82, attrice;
    Contro  l'Amministrazione  delle  finanze dello Stato, in persona
del  ministro  in  carica,  rappresentata  e  difesa  dall'Avvocatura
Generale  dello Stato, presso i cui uffici e' ex lege domiciliata, in
Roma - Via dei Portoghesi n. 12, convenuta;
    Oggetto della causa: rimborso tasse concessione governativa.
                   Narrativa dei fatti processuali
    Con  atto  di citazione datato 1 dicembre 1994 e notificato il 23
dicembre stesso anno, la societa' Giochi Preziosi S.p.a. ha convenuto
in  giudizio l'Amministrazione delle Finanze dello Stato per ottenere
il   rimborso   della  somma  di  L. 78.000.000,  riscossa  dall'ente
convenuto a titolo di tassa annuale sulle concessioni governative per
l'iscrizione  nel  registro  delle  imprese,  ancorche'  da  essa non
dovuta.
    Si costituiva ritualmente il Ministero delle finanze con comparsa
del  21  gennaio  1995,  depositata  il  9 febbraio 1995 chiedendo il
rigetto della domanda attrice.
    Precisate  le  conclusioni  per  il  collegio, il processo veniva
assegnato   alla   sezione   stralcio   del  tribunale  e,  ai  sensi
dell'art. 13  della legge 22 luglio 1997 n. 276, la cancelleria della
sez. IV   civile,   con  avviso  del  10  marzo  2000,  dava  rituale
comunicazione    ai    difensori    costituiti,   del   provvedimento
presidenziale  del  9  febbraio  2000  di assegnazione alla sezione e
della nomina del giudice istruttore nonche' della fissazione da parte
del presidente della intestata sezione stralcio; dell'udienza dell'11
maggio  2000  per  la  comparizione delle parti e per il tentativo di
conciliazione.
    All'udienza  cosi'  fissata  e  successivamente  a  quella del 16
giugno  2000, comparivano i difensori delle parti i quali, preso atto
che  era  inutile esperire il tentativo di conciliazione, insistevano
nelle  conclusioni  gia'  rassegnate  per il collegio e chiedevano la
concessione  dei termini di rito per lo scambio delle conclusionali e
delle eventuali repliche.
                       Conclusioni delle parti
    Per l'attrice:
        nel  merito:  con  riserva  di  chiedere  in  altra sede, con
separata  azione, il rimborso delle somme indebitamente versate negli
anni  1985, 1986, 1987 e 1988 (all'esito del giudizio pendente avanti
alla Corte di Giustizia, causa C-216/99, Riccardo Goria Prisco S.r.l.
/ Amministrazione delle Finanze dello Stato);
        in  principalita'  condannare l'Amministrazione delle Finanze
dello  Stato  al rimborso integrale delle somme indebitamente versate
negli  anni  1989, 1990, 1991 e 1992, in forza del combinato disposto
dei  commi  18  e  19  dell'art. 3  del d.l. n. 853/1984 e successive
modificazioni  oltre  agli  interessi  maturati  e maturandi ai sensi
della legge 26 gennaio 1961 n. 29 e successive modificazioni;
        in  subordine  all'occorrenza,  ritenuta  la pregiudizialita'
delle  questioni  di  costituzionalita'  e di incompatibilita' con il
diritto comunitario dell'art. 11 della legge n. 448/1998:
          a)  sottoporre  alla  Corte di Giustizia, ad integrazione e
chiarimento  della  sentenza  della  Corte  di Giustizia 15 settembre
1998,  in  causa  C-231/96,  Edis, l'interpretazione pregiudiziale ex
art. 177 del Trattato C.E. sul seguente quesito: "Se gli articoli 5 e
189  del  Trattato  e  le  disposizioni degli articoli 10 e 12, n. 1,
lettera  e),  della  direttiva 69/335/CEE debbano essere interpretate
nel  senso  che  ostano  alla introduzione e/o al mantenimento di una
normativa  nazionale  - del tipo di quella introdotta dal legislatore
italiano  con  i  commi  primo  e secondo dell'art. 11 della legge 23
dicembre  1998  n. 448  - che istituisce, con effetto retroattivo per
gli  anni  dal  1985  al  1992,  una  nuova tassa annuale dovuta "per
l'iscrizione   degli   altri   atti   sociali"   (diversi   dall'atto
costitutivo),   che   pertanto  risulta  dovuta  retroattivamente  ed
annualmente  per  il  solo  fatto  dell'iscrizione nel registro delle
imprese  ed  indipendentemente  dalla  effettiva  iscrizione  di atti
sociali diversi dall'atto costitutivo";
          b)   sottoporre   alla   Corte   di   Giustizia;  ai  sensi
dell'art. 177  del Trattato, il seguente quesito: "Se il principio di
proporzionalita'  comunitario  osti a che lo Stato membro opponga una
norma  nazionale,  come quella dei commi primo e secondo dell'art. 11
della  legge  23  dicembre  1998  n. 448, che si rivela inidonea, non
necessaria   e   non  strettamente  proporzionata  al  raggiungimento
dell'obiettivo  comunitario  di  creazione  di  un  mercato  interno,
realizzabile   in   base   alla   direttiva  69/335/CEE,  cosi'  come
interpretata  dalla sentenza della Corte di Giustizia 20 aprile 1993,
cause   riunite   C-71/91  e  C-178/91,  tramite  l'abolizione  delle
discipline  nazionali  incompatibili  con  la libera circolazione dei
capitali in materia di tasse di CC.GG.";
          c)  sottoporre,  per  l'interpretazione  pregiudiziale alla
Corte  di  Giustizia, ai sensi dell'art. 177 del Trattato il seguente
quesito:  "Se  l'art. 5 del Trattato ed i principi della certezza del
diritto  e  della  tutela dei singoli, del legittimo affidamento e di
non  discriminazione  dei  diritti  nascenti  dal diritto comunitario
rispetto  agli  analoghi  diritti  di  diritto  interno,  nonche'  il
principio  di  proporzionalita'  comunitario  ostano  a  che lo Stato
membro  opponga  una  norma  nazionale,  come  quella del terzo comma
dell'art. 11  della  legge  23  dicembre  1998  n. 448,  che  applica
retroattivamente   il  nuovo  tasso  legale  del  2,5%  (recentemente
introdotto  con  decorrenza  in via generale dal 1 gennaio 1999) agli
interessi  gia' maturati sulle somme dovute a rimborso per il tributo
dichiarato  incompatibile  con il diritto comunitario con la sentenza
della  Corte  di  Giustizia  20  aprile 1993, cause riunite C-71/91 e
C-178/91,   trattandosi  di  norma  restrittiva  speciale  dettata  e
prevista  specificamente  con  riguardo  al diritto al rimborso delle
somme  del  tributo  di cui trattasi e non applicabile al rimborso di
altri tributi indebitamente dovuti";
          d)  previa  rimessione  della  questione  di illegittimita'
costituzionale del primo e del secondo comma dell'art. 11 della legge
23   dicembre   1998   n. 448,  per  contrasto  con  gli  articoli  3
(ragionevolezza) e 53, primo comma, della costituzione;
        condannare  l'Amministrazione  delle  Finanze  dello Stato al
rimborso  della  somma  di  L. 48.000.000 indebitamente versata dalla
societa'   attrice  a  titolo  di  tassa  annuale  sulle  CC.GG.  per
l'iscrizione nel registro delle imprese per gli anni 1989, 1990, 1991
e  1992, o di quella maggiore o minore somma che risultera' dovuta in
corso di causa;
        in  ulteriore  subordine  preme,  in ogni caso, osservare che
ogni anno le societa' hanno dovuto far vidimare presso la cancelleria
che  tiene  il registro delle societa' il libro verbale assemblee, il
libro  verbale  collegio  sindacale,  il  libro  soci, il libro delle
assemblee  degli  obbligazionisti,  il  libro  inventari  ed il libro
giornale,  corrispondendo  per  ciascuna  delle  suddette vidimazioni
annuali la somma di L. 48.000, quindi complessivamente L. 384.000 per
ciascun anno per tasse di CC.GG., oltre ai diritti di cancelleria per
ciascuna  vidimazione  e deposito; in opni caso, oltre agli interessi
maturati  e  maturandi sulle somme indebitamente versate nella misura
fissata per legge, a norma della legge 26 gennaio 1961 n. 29;
        condannare,  altresi', la convenuta al pagamento delle spese,
competenze ed onorari di causa.
    Per  il  convenuto  voglia  il  tribunale  adito,  ogni contraria
istanza,   eccezione   e   deduzione  disattesa  dichiarare  l'azione
improcedibile,    inammissibile,   prescritta,   decaduta,   erronea,
infondata,  non  rovata  e  nulla  e  non  avvenuto  il  pagamento  e
dichiarare  comunque  dovuto  l'importo  gia'  pagato  quale tassa di
concessione governativa da parte della societa'.
    Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giustizia.
                        In fatto e in diritto
    Si  premette  che  l'art. 11  della legge 23 dicembre 1998, cosi'
statuisce:
        1.  l'art. 61,  comma  1,  del  decreto-legge 30 agosto 1993,
n. 331  (41),  convertito,  con modificazioni, dalla legge 29 ottobre
1993,   n. 427,   va  interpretato  nel  senso  che  la  tassa  sulle
concessioni governative per le iscrizioni nel registro delle imprese,
di  cui  all'art. 4  della  tariffa annessa al decreto del Presidente
della  Repubblica  26 ottobre 1972, n. 641 (42), nel testo modificato
dallo  stesso art. 61, e' dovuta per gli anni 1985, 1986, 1987, 1988,
1989,  1990,  1991  e  1992, nella misura di lire cinquecentomila per
l'iscrizione   dell'atto   costitutivo   e   nelle   seguenti  misure
forfettarie  annuali  per  l'iscrizione degli altri atti sociali, per
ciascuno degli anni dal 1985 al 1992:
          a)  per le societa' per azioni e in accomandita per azioni,
lire settecentocinquantamila;
          b)   per  le  societa'  a  responsabilita'  limitata;  lire
quattrocentomila;
          c) per le societa' di altro tipo, lire novantamila (43).
        2.  le  societa'  che  negli  anni  indicati al comma 1 hanno
corrisposto  la  tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione
nel  registro  delle  imprese e quella annuale, ai sensi dell'art. 3,
commi  18  e  19, del d.l. 19 dicembre 1984, n. 853 (44), convertito,
con  modificazioni  dalla  legge  17  febbraio  1985,  n. 17, possono
ottenere  il  rimborso della differenza fra le somme versate e quelle
dovute  a  norma  del  citato  comma 1, sempre che abbiano presentato
istanza  di  rimborso nei termini previsti dall'art. 13 del D.P.R. 26
ottobre 1972, n. 641 (42).
        3. sull'importo da rimborsare sono dovuti gli interessi nella
misura  del tasso legale vigente alla data di entrata in vigore della
presente legge, a decorrere dalla data di presentazione dell'istanza.
        4.  nel  corso del 1999 il Ministero delle finanze esamina le
istanze di rimborso a suo tempo presentate e controlla la validita' e
la  tempestivita'  delle stesse; a partire dal secondo semestre dello
stesso  anno sono avviate le procedure di rimborso, che sono eseguite
secondo  l'ordine  cronologico  di  presentazione  delle  istanze e a
partire da quelle di minore importo.
        5.  per le finalita' di cui al presente articolo, il Ministro
del   tesoro,  del  bilancio  e  della  programmazione  economica  e'
autorizzato ad effettuare, con l'osservanza delle disposizioni di cui
all'art. 38  della  legge  30  marzo  1981, n. 119 (45), e successive
modificazioni,  emissioni  di titoli del debito pubblico per ciascuna
delle  annualita' comprese tra il 1999 ed il 2001; tali emissioni non
concorrono  al  raggiungimento  del  limite  dell'importo  massimo di
emissione  di  titoli  pubblici  annualmente stabilito dalla legge di
approvazione  del bilancio. Il ricavo netto delle suddette emissioni,
limitato a lire 2.500 miliardi per la prima annualita', sara' versato
al  Ministero  delle  finanze che provvedera' a soddisfare gli aventi
diritto  con  le  modalita'  di  cui  al  comma  6. Per le annualita'
successive,  l'importo  di  emissione  dei  titoli  pubblici  per  il
completamento delle attivita' di rimborso sara' determinato con legge
finanziaria,  in  relazione all'esatta quantificazione dell'ammontare
complessivo dei crediti da rimborsare.
        6.  sulla  scorta  degli  elenchi di rimborso predisposti dal
Ministero  delle  finanze  sono emessi, con imputazione al competente
capitolo  dello  stato  di previsione della spesa del Ministero delle
finanze,  uno  o  piu'  ordinativi  diretti  collettivi  di pagamento
estinguibili  mediante commutazione di ufficio in vaglia cambiari non
trasferibili  della  Banca  d'Italia;  tali  vaglia  sono spediti per
raccomandata  dalla competente sezione di tesoreria provinciale dello
Stato  all'indirizzo  del  domicilio  fiscale  vigente  degli  aventi
diritto  ove gli stessi non abbiano provveduto all'indicazione di uno
specifico domicilio eletto (45/a).
    Considerate  le  eccezioni proposte dall'attrice, ritiene l'adito
tribunale di poterle condividere sotto il duplice profilo:
        A) della illegittimita' della normativa nazionale rispetto ai
criteri guida comunitari;
        B)  del  contrasto  con  i  principi  informatori del diritto
costituzionale italiano.
    A.1.  - Incompatibilita' comunitaria del primo comma dell'art. 11
della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
    Ritiene  l'attore  che  la  disposizione  di  cui  al primo comma
dell'art. 11    della   legge   n. 448   del   1998,   modificherebbe
retroattivamente  e  limitatamente  agli  anni  dal  1985 al 1992, la
disciplina  sulle  tasse  di  CC.GG.  di  cui  all'art. 61  del  d.l.
n. 331/1993,  introducendo  una ulteriore tassa annuale forfettizzata
per l'iscrizione di non meglio precisati "altri atti sociali".
    Tale modifica, incidendo su situazioni gia' esauritesi negli anni
dal 1985 al 1992 - anni relativamente ai quali le societa' hanno gia'
pagato,  di volta in volta, le tasse di CC.GG. previste singolarmente
per  ogni  formalita'  eseguita  anche per "gli altri atti societari"
secondo  le  tariffe  all'epoca  vigenti - si rileverebbe palesemente
arbitraria  ed  irrazionale,  nonche'  incompatibile con la direttiva
69/335/CEE.
    Per  quanto  riguarda,  poi, la violazione degli articoli 10 e 12
della   direttiva   CEE   17  luglio  1969  n. 335,  il  primo  comma
dell'art. 11 prevede un tributo annuale determinato forfettariamente,
dovuto  per il solo fatto dell'iscrizione nel registro delle imprese,
a  prescindere  quindi  dall'effettiva  iscrizione  di  atti  sociali
diversi  dall'atto  costitutivo.  In  altri  termini  detto  articolo
rappresenterebbe  una  riedizione,  riveduta  e corretta, della tassa
annuale gia' dichiarata incompatibile dalla Corte di giustizia.
    Richiede,   pertanto,   l'attore  di  sottoporsi  alla  Corte  di
giustizia  della Comunita' europea, in sede di rinvio ex art. 177 del
Trattato,  il seguente quesito: "Se gli articoli 5 e 189 del Trattato
e  le  disposizioni  degli  articoli  10 e 12, n. 1, lettera e) della
direttiva  69/335/CEE,  debbano  essere  interpretati  nel  senso che
ostano  alla  introduzione  e/o  al  mantenimento  di  una  normativa
nazionale  -  del  tipo di quella introdotta dal legislatore italiano
con il primo comma dell'art. 11 della legge 31 dicembre 1998 n. 448 -
che  istituisce,  con  effetto  retroattivo  per gli anni dal 1985 al
1992,  una  nuova  tassa annuale dovuta "per l'iscrizione degli altri
atti  sociali"  (diversi dall'atto costitutivo), che pertanto risulta
dovuta  annualmente  per  il  solo fatto dell'iscrizione nel registro
delle imprese ed indipendentemente dalla effettiva iscrizione di atti
sociali" (diversi dall'atto costitutivo)".
    A.2. - Incompatibilita'  dell'art. 11,  primo  e  secondo  comma,
della  legge n. 448/1998, per violazione del principio comunitario di
proporzionalita'.
    In  proposito,  a parere dell'attrice, la costante giurisprudenza
della  Corte di giustizia, e' nel senso che "affinche' sia rispettato
il   principio   di   proporzionalita'   comunitario,  e'  necessario
innanzitutto  che  le  disposizioni  nazionali mirino a perseguire un
obiettivo  legittimo  rispetto  al  diritto  comunitario. Occorre poi
accertare  se  le  disposizioni  nazionali  siano idonee a realizzare
l'obiettivo  perseguito,  non  oltrepassino  i limiti di quanto a tal
fine   necessario   e   se   sussista   un   adeguato   rapporto   di
proporzionalita'  tra  il  mezzo  utilizzato ed il fine perseguito" -
(Sentenza Ives Rocher del 18 maggio 1993, in causa C-126/91; in senso
conforme,  moltissime  altre,  da ultimo: sentenza 11 maggio 1999, in
causa C-255/97, Pfeiffer).
    In  base  alle suesposte considerazioni, apparirebbe dubbio che i
tre  canoni  (idoneita',  necessarieta'  e  proporzionalita' in senso
stretto),  il  rispetto  dei  quali costituisce condizione necessaria
affinche' le misure adottate dagli stati membri risultino compatibili
con  il  principio  di  proporzionalita', siano soddisfatti dai commi
primo e secondo dell'art. 11 in questione.
    Per  il che', l'attrice chiede che questo giudice debba sottopone
alla Corte di giustizia della Comunita' europea, in sede di rinvio ex
art. 177  del  Trattato,  il  seguente  quesito:  "Se il principio di
proporzionalita'  comunitario  osti a che lo Stato membro opponga una
norma nazionale, come quella del primo comma dell'art. 11 della legge
23 dicembre 1998 n. 448, che si rivela inidonea, non necessaria e non
strettamente    proporzionata    al   raggiungimento   dell'obiettivo
comunitario  di creazione di un mercato interno, realizzabile in base
alla  direttiva  n. 69/335,  cosi'  come  interpretata dalla sentenza
della  Corte  di  giustizia  20  aprile 1993, cause riunite C-71/91 e
C-178/91,    tramite    l'abolizione   delle   discipline   nazionali
incompatibili  con  la libera circolazione dei capitali in materia di
tasse di CC.GG.".
    A.3. - Questione  di  incompatibilita' con il diritto comunitario
del terzo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448.
    Il  terzo  comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998 n. 448
risulterebbe  in  contrasto  con  il  diritto comunitario, cosi' come
interpretato  dalla sentenza 15 settembre 1998 (causa C-231/96, Edis)
ai punti 22, 23, 24, 25, 36 e 37.
    Infatti,  la Corte ha chiarito che "... uno Stato membro non puo'
adottare  disposizioni  che  subordino  il  rimborso  di  un tributo,
dichiarato   incompatibile   con   il  diritto  comunitario  .....  a
condizioni  concernenti  specificamente  il detto tributo e che siano
meno  favorevoli di quelle che sarebbero state applicate, in mancanza
di esse, al rimborso del tributo di cui trattasi".
    Secondo  l'attrice,  non  puo'  essere  revocato in dubbio che la
disposizione  del  terzo  comma  dell'art. 11 della legge 23 dicembre
1998  n. 448 - che applica retroattivamente il nuovo tasso legale del
2,5%  (recentemente  introdotto  con decorrenza in via generale dal 1
gennaio  1999)  agli  interessi  gia'  maturati  sulle somme dovute a
rimborso  per  il  tributo  dichiarato  incompatibile  con il diritto
comunitario  con la sentenza della Corte di giustizia 20 aprile 1993,
cause  riunite  C-71/91  e C-178/91 - confliggerebbe con il principio
fondamentale  di non discriminazione imposto dal diritto comunitario,
trattandosi   di   norma  restrittiva  speciale  dettata  e  prevista
specificamente  con  riguardo  al diritto al rimborso delle somme del
tributo  di  cui  trattasi  e  non  applicabile  al rimborso di altri
tributi indebitamente dovuti.
    Per  questi motivi, l'attrice ritiene che questo giudice dovrebbe
sottoporre  alla  Corte di giustizia della Comunita' europea, in sede
di  rinvio  ex  articolo 177 del Trattato, il seguente quesito: "Se i
principi  della  certezza del diritto e della tutela dei singoli, del
legittimo  affidamento  e di non discriminazione dei diritti nascenti
dal  diritto  comunitario  rispetto  agli analoghi diritti di diritto
interno,  nonche' il principio di proporzionalita' comunitario ostano
a  che  lo  stato membro opponga una norma nazionale, come quella del
terzo  comma  dell'art. 11  della legge 23 dicembre 1998 n. 448 - che
applica retroattivamente il nuovo tasso legale del 2,5% (recentemente
introdotto  con  decorrenza  in via generale dal 1 gennaio 1999) agli
interessi  gia' maturati sulle somme dovute a rimborso per il tributo
dichiarato  incompatibile  con il diritto comunitario con la sentenza
della  Corte  di  giustizia  20  aprile 1993, cause riunite C-71/91 e
C-178/91  -  trattandosi  di  norma  restrittiva  speciale  dettata e
prevista  specificamente  con  riguardo  al diritto al rimborso delle
somme  del  tributo  di cui trattasi e non applicabile al rimborso di
altri tributi indebitamente dovuti.
    Alla  luce  della  presente disamina, ritiene questo giudice che,
pur  apparendo  sufficientemente  motivate  e  meritovoli di positiva
delibazione,  le  richieste  di  rimessione  alla  Corte di giustizia
sollevate  dall'attrice,  esse  debbano al momento essere accantonate
rivestendo   carattere   pregiudiziale  rispetto  alle  medesime,  le
decisioni   che  saranno  assunte  dalla  Corte  costituzionale  che,
investita  in  questo stesso giudizio di eccezioni che attengono alla
legittimita'   della  medesima  normativa,  dovrebbe  dare  a  quella
domestica   un  assetto  definitivo  sul  quale  soltanto  potrebbero
incidere  i  principi  comunitari  a questo momento intempestivamente
invocati.
    B.1. - Questione  di  illegittimita' costituzionale per contrasto
dell'art. 11  della  legge 23 dicembre 1998 n. 448 con l'art. 3 della
Costituzione.
    L'art. 11  della legge 23 dicembre 1998 n. 448 viene censurato di
incostituzionalita' perche' il legislatore, attraverso il surrettizio
strumento  di  una  legge di interpretazione autentica, ha in realta'
introdotto  una  significativa  disciplina  innovativa  modificatrice
della normativa vigente.
    A   tale  proposito,  e'  opportuno  rammentare  che,  in  ordine
all'arbitrarieta'  dell'utilizzo della norma interpretativa, la Corte
costituzionale  con  la nota sentenza 23 novembre 1994 n. 397 (vedasi
anche  le precedenti sentenze della Consulta ivi richiamate) ha avuto
modo  di statuire che "Il ricorso da parte del legislatore a leggi di
interpretazione  autentica  non puo' essere utilizzato per mascherare
norme  effettivamente  innovative dotate di efficacia retroattiva, in
quanto  cosi'  facendo  la  legge  interpretativa  tradirebbe  la sua
propria  funzione  di chiarire il senso di norme preesistenti "(Corte
costituzionale,  23  novembre  1994  n. 397,  in  Fisco,  1995, 1194;
Quaderni  Regionali, 1994, 1429; Rass. Avv. Stato, 1994, I, 399; Dir.
e Prat. Trib., 1995, II, 697).
    In  senso  conforme  la  Corte  si  era  gia'  pronunciata con la
sentenza  19 marzo 1990 n. 155: "..... in conformita' ad una costante
giurisprudenza  (cfr.  da  ultimo sent 233 del 1988), va riconosciuto
carattere  interpretativo  soltanto ad una legge che, fermo il tenore
testuale  della  norma  interpretata,  ne  chiarisce  il  significato
normativo   ovvero   privilegia  una  fra  le  tante  interpretazioni
possibili,  di  guisa  che  il contenuto precettivo e' espresso dalla
coesistenza  delle  due norme (quella precedente e l'altra successiva
che ne esplica il significato), le quali rimangono entrambe in vigore
e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente".
    Conseguentemente,   non   ricorrendo   le   suddette  condizioni,
utilizzando   il   legislatore   la  legge  c.d.  interpretativa  per
introdurre  una  disciplina  avente  natura  innovativa,  la Corte ha
ritenuto    che   fossero   stati   oltrepassati   i   limiti   della
ragionevolezza.
    La  Corte e' tornata a ribadire detti concetti con la sentenza 20
marzo   1995   n. 94,  dove  essa  riafferma  che:  ".....  non  puo'
validamente  opporsi  .....  che  non  sia  possibile distinguere tra
"legge  interpretativa"  e  "legge innovativa", poiche', se non vi e'
dubbio  alcuno  che  anche  il  primo  tipo  di  legge sia diretto ad
introdurre    un   novum   nell'ordinamento   giuridico,   quantomeno
consistente   nella   prescrizione   di   dover   seguire  una  certa
interpretazione  e  non altra, non si puo' del pari dubitare, come si
e'  gia'  sottolineato, che carattere tipico ed esclusivo delle leggi
interpretative  e'  che  il significato normativo enucleato e imposto
con  le  stesse  leggi debba essere ricompreso fra le possibilita' di
senso   ragionevolmente   ascrivibili  al  testo  della  disposizione
interpretata  (v.,  ad  esempio, sentt. nn. 88 del 1995; 424 e 39 del
1993; 455, 454 e 440 del 1992; 380 e 155 del 1990).".
    B.2. -    L'incostituzionalita'   dell'art. 11   della  legge  23
dicembre  1998  n. 448  si  manifesta,  altresi',  sotto  l'ulteriore
profilo  che  esso  risulta  intenzionalmente diretto ad incidere sui
giudizi  in  corso.  Ed  a  tale  proposito  preme  rammentare che la
Consulta  ha  tenuto  a  precisare  che  la  legge  interpretativa e'
ammissibile   in   via   di  principio  (solo  quando  sia  realmente
"interpretativa")  ed  "a  meno  che  essa  non  sia intenzionalmente
diretta ad incidere sui giudizi in corso" - (Corte costituzionale, 19
marzo 1990 n. 155).
    Proprio  sulla  base delle suesposte considerazioni, il tribunale
di Milano, con ordinanza pubblicata in data 11 maggio 1999 e la Corte
di  appello  di Roma con ordinanza pubblicata in data 28 maggio 1999,
hanno   rimesso   alla   Corte   costituzionale   le   questioni   di
incostituzionalita'   del   primo   comma  dell'art. 11  della  legge
n. 448/1998.
    B.2. - Ulteriore questione di illegittimita' costituzionale sotto
il  profilo  del  contrasto dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998
n. 448 con gli articoli 3 e 53 della Costituzione.
    L'incostituzionalita'  dell'art. 11  si  manifesta,  inoltre, per
violazione palese del combinato disposto degli articoli 3 e 53, primo
comma, della Costituzione.
    Infatti,   attraverso   l'efficacia   retroattiva  impressa  alle
disposizioni del primo comma dell'art. 11, il legislatore ha alterato
il  rapporto  che  necessariamente  deve  esistere  tra imposizione e
capacita'  contributiva,  assumendo  a  presupposto dell'obbligazione
tributaria un fatto passato, lontano nel tempo, non piu' esistente al
momento  della entrata in vigore dello ius superveniens con efficacia
retroattiva.   Risulta,   quindi,   spezzato  il  rapporto  che  deve
sussistere  tra  presupposto  di  fatto  ed  imposizione, nonche' tra
imposizione  e  capacita'  contributiva,  il  solo  che puo', secondo
l'ormai   consolidato   orientamento   della  Consulta,  giustificare
l'incidenza  di  una legge su di una capacita' contributiva esistente
in un momento anteriore alla propria emanazione.
    La  necessaria  sussistenza  di detto legame e' stata recisamente
affermata   dalla   Corte   costituzionale  riguardo  ad  ipotesi  di
alterazione, modificazione e trasformazione, con effetto retroattivo,
di elementi essenziali di obbligazioni tributarie, nonche' di criteri
di  valutazione  ad  essi  connessi,  quali  risultano  da  normative
precedenti.
    Si legge, infatti, in Corte costituzionale, 16 giugno 1964 n. 45:
".....  Se  per  capacita'  contributiva  si  intende l'idoneita' del
contribuente  a  corrispondere la prestazione coattivamente imposta e
se  tale  idoneita' deve porsi in relazione, non gia' con la concreta
capacita'  di  ciascun  contribuente,  ma col presupposto al quale la
prestazione  stessa  e'  collegata  e  con  gli  elementi  essenziali
dell'obbligazione  tributaria,  si deve anche ritenere che, quando la
legge  assuma  a  presupposto un fatto passato, non piu' esistente al
momento in cui essa entra in vigore, ovvero innovi, estendendo i suoi
effetti al passato, gli elementi dai quali la prestazione trae i suoi
caratteri essenziali, il rapporto che deve sussistere tra imposizione
e  capacita'  contributiva  puo'  risultare  spezzato  ed il precetto
costituzionale (in ragione della capacita' contributiva) violato".
    Pertanto  si  solleva  questione di illegittimita' costituzionale
del  primo  e  del secondo comma dell'art. 11 della legge 23 dicembre
1998  n. 448,  per contrasto con gli articoli 3 (ragionevolezza) e 53
della Costituzione